L'acquedotto del Vivo
Il 15 maggio 1914 l'acqua che sgorgava dalla sorgente del Vivo, sul
Monte Amiata, dopo anni di duro e difficile lavoro, giunse finalmente fino
a Porta San Marco. (...)
Arrivare
alla decisione di costruire l'acquedotto del Vivo non fu comunque cosa
facile, dato che nel corso degli anni avvennero scontri accesissimi fra
i fautori della nuova realizzazione e coloro che ritenevano fosse sufficiente
aumentare il numero delle cisterne e rintracciare nuove polle che potessero
alimentare con maggior gettito d'acqua gli antichi Bottini, che fino ad
allora avevano soddisfatto le esigenze della città.
Nel 1886 vennero effettuati studi ed indagini sulle sorgenti dell'Arbia, dell'Elsa e del Massellone, che non dettero però i risultati sperati.
Nel 1892, mentre gran parte della popolazione faceva pressioni sugli
amministratori cittadini perché l'acqua di Fontebranda fosse "elevata"
con mezzi meccanici nella parte più alta della città, venne
presentato il progetto di un acquedotto che doveva portare a Siena le sorgenti
del Vivo. Il preventivo
di spesa, tre milioni di lire circa (pressappoco quindici miliardi attuali),
fece esplodere violente polemiche che si protrassero a lungo fino a che
un interessamento di Firenze verso le stesse acque del Monte Amiata oggetto
del contendere, spinse gli amministratori ad aprire le trattative per l'acquisto
della sorgente prima che fosse troppo tardi.
Nell'agosto del 1895, dopo che la Società della Fonderia del Pignone aveva eseguito lavori di livellazione e di rilievo del terreno, e dopo che una commissione tecnica aveva esaminato ben 18 sorgenti stabilendo che la "sola derivazione praticamente possibile e soddisfacente era quella delle acque del Vivo", la Giunta portò al Consiglio Comunale la proposta di stilare un compromesso con i proprietari della sorgente. (...)
Il compromesso venne firmato il 14 settembre e nei mesi successivi, fra crescenti polemiche, il Comune iniziò a cercare la copertura finanziaria per questa ciclopica impresa. (...)
Dopo varie vicissitudini l'atto definitivo di acquisto venne firmato del Sindaco Enrico Falaschi il 16 dicembre 1898 e comportò una spesa di 51.423 lire. Non tutto comunque filò liscio se Bargagli Petrucci nel 1930, parlando dell'acquedotto, affermava esservi ancora "vertenze pendenti con i proprietari della sorgente".
Trascorse ancora molto tempo, caratterizzato da difficoltà di carattere finanziario, legale e progettuale, prima che i lavori potessero iniziare.
Nel 1903 venne scelto come progettista l'ingegner Luciano Conti di Firenze e lo stesso anno il Monte dei Paschi, in considerazione dell'importanza e grandiosità dell'opera, deliberò la concessione annua di una somma di 100.000 lire, per una durata di 35 anni, da prelevarsi dagli utili.
Come abbiamo detto la condotta adduttrice dell'acqua venne terminata
nel 1914, anche se l'opera risultò
definitivamente completata nel 1918 con la relativa rete di distribuzione;
la maggior parte degli allacciamenti dei privati e numerose diramazioni
nelle varie zone a ridosso della città vennero infine effettuati
molto tempo dopo.
Occorsero dunque dieci anni di duro e difficile lavoro, nel corso dei quali furono superate tante difficoltà tecniche, operative ed economiche (basti pensare che il preventivo iniziale di spesa di 3.500.000 lire a causa dell'aumento di spese e della svalutazione salì a 8.000.000), ma alla fine dotarono Siena di uno dei più moderni e funzionali acquedotti d'Italia, con acqua di ottima qualità e un'abbondante dotazione giornaliera che avrebbe arrecato benefici incalcolabili a tutta la cittadinanza.
Un'opera grandiosa per i tempi in cui venne compiuta, che portava l'acqua a Siena dopo un percorso di oltre 64 chilometri e poi la distribuiva nella città e nei suoi dintorni con una rete di circa 35 chilometri di tubature...
(da "SIENA DEI NONNI" - Vol. 1, di Luca Luchini, Ed. AL.SA.BA., Siena 1993)