Il percorso dei Bottini

I rami principali dei bottini sono due, situati su due livelli diversi: il bottino maestro di Fontebranda, che da Fontebecci e dal ramo di Chiarenna (zona nord di Siena) porta l'acqua a Fontebranda e scorre a profondità notevoli, e quello maestro di Fonte Gaia, più recente ma più lungo, che alimenta, col trabocco della Fonte del Campo, anche altre fonti poste ad altitudini minori (Casato, Pantaneto, S.Maurizio, S. Giusto).

Il ramo maestro di Fonte Gaia giunge fino a Fontebecci dove si divide in due rami che provengono uno dal Colombaio e l'altro da Uopini e da S. Dalmazio.

Per far arrivare l'acqua in Piazza del Campo, a mt. 320 di altezza sul livello del mare, era necessario andare a cercarla più in alto e quindi soltanto a Nord, lungo il crinale che da Porta Camollia arriva a Fontebecci e oltre, unica direzione questa che non fosse interrotta da profonde vallate come succede invece a Est, Ovest e Sud di Siena. E proprio a nord, in aperta campagna, i due bottini maestri raccoglievano gran copia d'acqua che filtrava dai campi soprastanti; questo però costrinse a rivestire le gallerie con mattoni per evitare che l'arenaria, inumidita, crollasse ostruendo il gorello. Anche i mattoni però venivano murati con criterio, lasciando degli spiragli che facessero filtrare ugualmente l'acqua dalle pareti e dalla volta.

Questo rivestimento in mattoni è spesso assente sotto la città in quanto le costruzioni e le strade lastricate evitano le infiltrazioni di acqua e con l'arenaria più asciutta è minore il pericolo di crolli. Proprio per evitare pericoli del genere e anche altri guai causati dall'incuria dei proprietari dei terreni sovrastanti il bottino o gli smiragli, il Comune aveva emanato una serie di leggi molto severe che vietavano la circolazione agli estranei nei bottini; vietavano inoltre le colture e la concimazione nella striscia di terra sotto cui passava il canale (per evitare che le radici lo rovinassero e che l'acqua si sporcasse), vietavano di prelevare l'acqua per uso privato nel corso del bottino, ecc. Soprattutto la paura che chi entrava potesse scorrazzare tranquillamente sotto la città, portò nel 1467 alla decisione di chiudere vari ingressi posti fuori dalle mura. Non a caso infatti ci furono vari tentativi da parte dei nemici di penetrare nella città attraverso i suoi acquedotti: il caso più famoso è quello del 1526, quando Papa Clemente VII favorì una congiura per rovesciare il governo senese e trovò un alleato in Lucio Aringhieri che promise di far entrare segretamente in Siena le truppe nemiche attraverso i bottini. La congiura fallì perché un falegname, al quale erano state chieste delle scale, si insospettì e avvertì i governanti. Anche durante l'assedio del 1553 i bottini furono sbarrati, cercando però di non interrompere la portata di acqua.