Il lavoro nei Bottini

Il lavoro nei bottini era abbastanza lento, perché‚ nella galleria poteva lavorare un solo uomo per volta. Si scavava utilizzando attrezzi rudimentali, quali zapponi, picconi da tufo (con una punta sola) o da sasso con due punte, pale e palette, paletti di ferro, succhielli, mazzapicchio per pietroni e scalpelli, ed ancora uncini per togliere il deposito calcareo (gruma) dal gorello (operazione detta di "sgrumatura"). Inoltre veniva usato l'archipendolo, uno strumento fatto come una "A" con un filo centrale piombato che serviva per stabilire la pendenza che, spesso, era mantenuta costante con una angolazione quasi impercettibile dell'uno per mille, così che l'acqua, nel suo lento scorrere, potesse anche depositare impurità o calcare. Se il dislivello da coprire era maggiore, si ricorreva all'artifizio delle curve a serpentina: esse avevano la funzione di rallentare la velocità dell'acqua estendendone il percorso per mantenerne inalterata la pendenza. Per illuminare le tenebre il comune forniva candele di sego e talvolta lanterne.

Dopo che un abbozzo di galleria era stato scavato, si provvedeva ad ampliarla e contemporaneamente veniva rinforzata con archi, transetti e spesso spalline di laterizio per evitare frane e cedimenti. Quindi dietro ai minatori lavoravano anche i carpentieri e molte altre persone, come i vetturali, cioè gli addetti al trasporto dei materiali (nuovi e di risulta) e gli addetti ai rifornimenti alimentari, perché ci si accorse che il Comune avrebbe risparmiato tempo se avesse provveduto a portare il cibo sottoterra, anziché far uscire i lavoratori per la pausa pranzo. Questi avevano varie qualifiche: i manovali erano reclutati giorno per giorno e venivano subito pagati ed erano precari. I maestri, gente più esperta, avevano un rapporto di impiego più duraturo e guadagnavano il doppio di un manovale, che a sua volta guadagnava il doppio di una donna. La paga comprendeva sempre anche un pasto: pane, vino, melone, carne (talvolta).

C'erano anche operai specializzati reclutati tra i minatori delle colline metallifere (massa Marittima, Gerfalco, Montieri, Boccheggiano) che avevano un ingaggio duraturo e sicuro. Questi minatori erano chiamati "GUERCHI", nome di derivazione tedesca (la spiegazione popolare vuole che fossero chiamati così perché, lavorando per mesi sottoterra, quando rivedevano la luce del sole ne venivano abbagliati tanto da restare privi della vista (guerci). Inoltre la vita sotterranea, oltre ad essere pericolosa e malsana, creava anche paure diffuse, causate soprattutto dal buio e dall'ignoranza: si riteneva che vi abitassero animali fantastici come il Fuggisole, capace di avvelenare, o demoni malvagi che potevano, con il loro fiato, intossicare i lavoratori (la spiegazione può ritrovarsi nelle frequenti fuoriuscite di gas naturale). Ci si immaginava anche la presenza di nani, cioè "homicciuoli", somiglianti a vecchiettini, che però non infastidivano gli uomini ma anzi li rallegravano (i lavoratori bevevano molto vino, che veniva loro elargito per corroborare il fisico e allontanare dalla mente paure e incubi, anche se poi, verosimilmente, era proprio l'alcool a causarli).

A conti fatti, nonostante le condizioni poco umane dei lavoratori, il pericolo di crolli o di incidenti sul lavoro, si contano pochissimi infortuni e ancor meno casi di morte, nonostante nei bottini abbiano lavorato migliaia di persone per centinaia di anni.